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Che cos'è la dieta vegana

Per entrare meglio nella dimensione della cucina vegana, partiamo dall'aggettivo. Il termine "vegano" viene coniato nel 1940 da Donald Watson e Elsie Shrigley, entrambi membri della Vegan Society, che presero a prestito le prime tre e le ultime due lettere dell'aggettivo "vegetariano".

Giustificarono così la loro scelta: Because veganism starts with vegetarianism and carries it through to its logical conclusion. In altre parole, il pensiero vegano si origina dalla scelta che sta alla base della dieta vegetariana e ne completa la parabola di senso, giungendo alle logiche conclusioni derivanti dalla premesse che la pongono in essere.

Come i vegetariani, i vegani non mangiano carne o pesce, ma estendono questa scelta e decidono di non assumere alcun alimento di origine animale (uova, prodotti lattiero-caseari, miele) e di non indossare alcun capo di abbigliamento di non utilizzare alcun cosmetico o prodotto di altro tipo nel cui processo produttivo siano stati coinvolti animali.

Questa scelta di solito si accompagna a uno stile comportamentale o a un attivismo sociale a difesa degli animali e del pianeta. Spesso il salto dalla dieta vegetariana a quella vegana è graduale, spontaneo e passa sia attraverso la consapevolezza dello sfruttamento degli animali che sta dietro a formaggio, latte, uova, alimenti e sia dipende dall'idea che questi alimenti creino anche un maggiore impatto ambientale sul nostro ecosistema a seguito delle trasformazioni cui sono sottoposti durante il processo produttivo. Esistono oggi moltissimi siti, riviste, blog dedicati al veganesimo e alla cucina vegana.



Gli alimenti principali

Latte o creme di soia, di riso, di mandorle, d'avena. Biscotti senza latte, burro e uova, crackers e fette biscottate guarniti da uno dei tanti patè vegetali, frutta secca, pasta o di riso o di altro cereale in chicco, insalate di riso, di pasta, di farro, verdure fresche con l'aggiunta di tofu a dadini (o sbriciolato), alghe, tofu, seitan, bistecche o spezzatini di soia, mopur.  

Il gomasio è un condimento tipico della dieta vegana a base di semi di sesamo tostati e sale. Altri condimenti: lievito in scaglie, semi di girasole o di zucca, olio d'oliva.


Benefici e controindicazioni della dieta vegana

Quando una mano si alza a sotegno della dieta vegana, c'è sempre una voce che grida alla carenza di vitamina B12. In effetti, se un vegetariano non assume carne, può comunque ritrovare questo prezioso elemento nel latte e nelle uova.

Nel caso di un vegano, invece, la preoccupazione rispetto alla vitamina B12 diventa concreta e sensata, perché si tratta di una vitamina che le piante non producono. La vitamina B12 proviene dai batteri presenti nel terreno; chi si nutre di soli vegetali, è costretto a lavare gli alimenti in rispetto di norme igieniche indispensabili.

Queste precauzioni necessarie fanno però in modo che durante il lavaggio si perda il contenuto esterno alla pianta e dunque la vitamina B12. Fonti alternative sono cibi addizionati con vitamine (meglio preferire quelli in cui l'aggiunta è limitata alla B12) o gli integratori (anch'essi solo limitati alla B12, perché le altre vitamine si ottengono da frutta e verdura).

Si può scegliere di assumere la vitamina una volta alla settimana (una pastiglia da 2000 microgrammi) o tutti i giorni una volta al giorno (una pastiglia da 10 microgrammi. In realtà, anche mangiando carne si può andare incontro a carenza da vitamina B12: non solo perché alcuni farmaci ne impediscono l'assorbimento, ma anche perché è stato riscontrato che alcuni organismi di individui sotto i 50 anni liberano con difficoltà quel tipo di vitamina.

Un'altra carenza imputata alla dieta vegana è quella da ferro. In realtà c'è molto più ferro in un'alimentazione a base vegetale che non in un'alimentazione onnivora, specie se si abbinano ai vegetali frutta, pomodori o cibi ricchi di vitamina C.

L'anemia da carenza di ferro si contrasta con legumi, cereali, verdura a foglia. Infine, i cibi più ricchi di fibre sono anche i cibi che contengono maggiore quantità di ferro. Per fare un banale esempio: la carne di cavallo contiene 3,9 milligrammi di ferro per cento grammi; i legumi ne contengono più del doppio.


 



  Redazione